Ritorno a Kabul

Ritorno a Kabul, il prezzo della pace: a 5 mesi dalla conquista dei taleban mancano pane e medicine. Nella capitale domina il silenzio. Gli ospedali si riempiono di bimbi denutriti: «Le strade sono libere e arrivano pazienti da tutte le province». C’è più sicurezza ma il governo è paralizzato: pagano i deboli. Reportage di Francesca Mannocchi pubblicato su LaStampa del 16 gennaio 2022. In ItalianaContemporanea il testo è rubricato nella pagina “Afghanistan. Vent’anni dopo“.

Ritorno a Kabul

Ritorno a Kabul. Scrive Iosif Brodskij che la sua San Pietroburgo rinominata Leningrado, subito dopo la guerra avesse un viso scarno e duro, fatto di facciate grigie o verdoline «strade interminabili, vuote, un’aria quasi affamata». Il volto di un superstite, scrive.

Così è Kabul a metà giornata di un venerdì, giorno di festa. Una città superstite.

Le vecchie bandiere all’aeroporto sono state sostituite da quelle a sfondo bianco e scritta nera, la shahada, testimonio che non c’è divinità se non Allah e testimonio che Muhammad è il suo messaggero. È la bandiera talebana e la Kabul che si apre, usciti dallo scalo, è la Kabul dei taleban. Leggi di più

Guida alla lettura

Ritorno a Kabul. Un testo spiccatamente narrativo. La citazione iniziale dà il tono al racconto, e lo chiude: individuate i due capoversi.

Osservate tutti i motivi che narrano l’ambiente: la luce, l’assenza di suoni, con qualche eccezione, … Osservate tutti i motivi che si riferiscono alle persone: solo uomini, i bambini e lo stentato inglese, Mahamoud, … Osservate anche i motivi che facevano e fanno di Kabul due città: fino ad agosto e dopo. C’è poi la narrazione della povertà estrema: le strade e l’ospedale.

Ci sono anche informazioni sulla povertà afgana (ma non ne è indicata la fonte): riassumetele.