Mosca, la terza Roma. Saggio di Nona Mikhelidze sull’ideologia dell’Eurasia, che comparve negli anni Venti del secolo corso nell’emigrazione russa a seguito della rivoluzione bolscevica. Il concetto di Eurasia abbraccia il territorio abitato da popoli che condividono uno sviluppo politico, economico e socioculturale comune. L’assetto geografico del territorio, e in particolare la steppa, ne determina le caratteristiche etno-psicologiche, religiose e linguistiche. La posizione geografica della Russia è il suo destino e un regnante non può far altro che rendere sicura la sua terra «divorando e assimilando le popolazioni pericolose a ogni frontiera». Questa visione dell’identità russa dalla fine degli anni Ottanta è stata riproposta come “neo-eurasiatismo” dallo scrittore Alexander Dugin. Il nucleo portante è che la Russia è la Sacra Rus’, una potenza che risale all’Impero Mongolo, e che lo stato di Mosca ne sia il diretto successore. La Russia è considerata dai neo-eurasiatisti non come la Russia di Kiev, ma la Russia-Mosca del XV-XVI secolo, la «Terza Roma» destinata a succedere a Roma e a Bisanzio, mentre la monarchia dello Zar Pietro introdusse uno spirito europeo che le era assolutamente estraneo.
Il testo, nella traduzione di Anna Bissanti, è pubblicato su La Stampa del 29 agosto 2022.Su ItalianaContemporanea questo testo è rubricato nella pagina “Ucraina“. Il saggio consta di 2.236 parole e richiede un tempo di lettura di 10 minuti circa.
L’eurasiatismo apparve negli anni Venti tra gli emigrati russi. «Iskhod k Vostoku. Predchustviia i Sversheniia. Utverzhdenie Evraziitsev» (L’esodo verso Est. Presentimenti ed eventi. Un’affermazione dell’eurasiatismo) dell’economista e geografo P.N. Savitskii, del linguista ed etnografo N.S. Trubetskoy, del filosofo e teologo G.V. Florovsky e del critico d’arte P.P. Suvchinskii, fu il primo manifesto pubblicato dell’eurasiatismo. Il concetto di Eurasia abbraccia il territorio abitato da popoli che condividono uno sviluppo politico, economico e socioculturale comune. L’assetto geografico del territorio, e in particolare la steppa, ne determina le caratteristiche etno-psicologiche, religiose e linguistiche. La posizione geografica della Russia è il suo destino e un regnante non può far altro che rendere sicura la sua terra «divorando e assimilando le popolazioni pericolose a ogni frontiera».
G. Verdanskii introdusse anche il concetto di mestorazvitie (ambiente di sviluppo), sostenendo che «un dato ambiente geografico lascia il segno della sua unicità sulle comunità umane che si sviluppano in quell’ambiente». Il mestorazvitie dell’Eurasia include prima i territori dell’Impero russo, poi quello dell’Unione Sovietica. Pertanto, per Verdanskii, la politica espansionista russa era un approccio naturale finalizzato ad adattare il popolo eurasiatico al loro mestorazvitie, con l’obiettivo ultimo dell’agenda eurasiatista di preservare l’unità dell’ex spazio imperiale a tutti i costi. Oltretutto, la filosofia di fondo dell’eurasiatismo include da tempo il concetto secondo cui la Russia non appartiene né all’Europa orientale né a quella occidentale, ma costituisce una civiltà a sé. Per di più, si presume che la Russia sia una grande potenza basata sull’Ortodossia, laddove il concetto di «Mosca, la Terza Roma» (diffuso dagli slavofili), rappresenta un ideale che deve ancora essere perseguito.
Alla fine degli anni Ottanta, dall’eurasiatismo classico scaturì e si affermò il neo-eurasiatismo. Lo sviluppo di questo concetto è associato allo scrittore Alexander Dugin. Per sua stessa ammissione, egli non «sostiene di creare un nuovo sistema filosofico, piuttosto di costruire o riscoprire una Weltanschauung…». Poiché non gli piacciono né il liberalismo né il marxismo dogmatico, la sua ricerca si focalizza sulle dottrine o sugli autori appartenenti alla cosiddetta «rivoluzione conservatrice», per esempio il pensiero che va oltre il consueto antagonismo. Per Dugin è una Quarta Teoria Politica che si affianca al liberalismo, al comunismo e al fascismo, e che abbraccia elementi sia dell’estrema sinistra sia dell’estrema destra.
L’identità russa neo-eurasiatista e l’organizzazione interna della Russia: lo stato-nazione a confronto con l’Impero.
James Billington una volta osservò che «nessuna nazione più della Russia ha riversato maggiore energia intellettuale nel rispondere alla questione dell’identità nazionale». La formazione di un’identità russa è stata sempre influenzata dalla sua tradizione di Grande Potenza, dato che «velikoderzhavnost» (l’essere una Grande Potenza) è al cuore stesso della mentalità e del comune sentire russo. L’idea diffusa era che soltanto le ideologie imperiali governano in modo efficiente i diversi gruppi etnici della Federazione Russa e in politica estera fungono da premessa per un governo globale.
Rafforzando i concetti di «civiltà russa» e imperialismo nella costruzione di un’identità nazionale, il neo-eurasiatismo è diventato un dogma popolare della politica russa. Per i neo-eurasiatisti «la Russia è sempre stata considerata la Sacra Rus’, una potenza (derzhava) che adempie la sua missione storica particolare». I neo-eurasiatisti credono che la Russia abbia ereditato un «istinto a costruire imperi» dai discendenti di Gengis Khan; in verità sostengono che la Russia-Eurasia risale all’Impero Mongolo, e che lo stato di Mosca ne sia il diretto successore. La Russia è considerata dai neo-eurasiatisti non come la Russia di Kiev, ma la Russia-Mosca del XV-XVI secolo, la «Terza Roma» destinata a succedere a Roma e a Bisanzio – idea originariamente formulata nella città di Pskov durante il XVI secolo dal monaco Filoteo. Secondo i neo-eurasiatisti, la Russia è stata concepita su modello dello Stato religioso di Bisanzio, mentre la monarchia dello Zar Pietro introdusse uno spirito europeo che le era assolutamente estraneo.
Dugin afferma che esistono tre criteri fondamentali in base ai quali si distinguono un impero da uno Stato-nazione: primo, l’esistenza di una missione storica (sacra) che supera i semplici giochi e gli interessi pragmatici e dà un valore intrinseco all’impero; secondo, la salvaguardia di enclave etniche con le loro peculiarità culturali, linguistiche, religiose e perfino legali, mentre lo Stato-nazione è maggiormente portato a dar vita in modo artificioso a una società civile omogenea sul piano amministrativo e culturale; terzo, il controllo di un vasto territorio, con una tendenza a espanderlo in nome di un impero o come missione, il che è assolutamente in contrasto con l’idea di Stato-nazione che ha confini chiusi definiti da accordi internazionali «eterni».
Pertanto, il neo-eurasiatismo di Dugin respinge l’idea di uno Stato-nazione moderno e propone invece il concetto di «impero eurasiatico», costruito a partire dai concetti di «federalismo eurasiatico», dove tutte le entità politiche sono stabilite in base alle loro identificazioni culturali, storiche ed etniche, invece che limitarsi a seguire le divisioni amministrative. Questo approccio si basa sulle idee di Lev Gumilev riguardanti l’etnogenesi. Egli considera l’«ethnos» una comunità biologicamente organica, con la sua energia vitale determinate da forze provenienti dallo spazio esterno, e soggetta a determinate leggi mistiche. Secondo Gumilev, i popoli eurasiatici sono connessi gli uni agli altri per mezzo di una spiritualità comune, una spiritualità che contribuirà alla formazione di un «super-ethnos».
Secondo Dugin, l’autoritarismo e il totalitarismo sono forme appropriate di governance in Eurasia. Qualsiasi forma di democrazia, economia aperta o governance locale rafforzata sarebbe ritenuta profondamente inaccettabile e pericolosa. In tale sistema, lo sviluppo economico si baserebbe sull’agricoltura (quindi sul non-materialismo) e sul potere delle idee. I settori economici su larga scala dell’economia, quindi l’apparato militare-industriale, i trasporti, le risorse naturali, l’energia e le comunicazioni, dovrebbero essere soggetti al rigido controllo delle autorità statali. Il termine «riforma» è considerato sinonimo di «democrazia liberale».
I neo-eurasiatisti sostengono che aldilà dell’individualismo antropologico, il liberalismo occidentale contenga altri principi fondamentali che i russi trovano inaccettabili, per esempio la fede nel progresso, la tecnocrazia, la «razionalità» definita in meri termini economici, l’eurocentrismo, una considerazione per la classe media come norma universale e la convinzione di essere cittadini del mondo. Tutte le istituzioni occidentali (Nato e Ue incluse) combattono per propagare questo insieme di valori.
Negli anni Novanta, i neo-eurasiatisti affermarono che la Russia doveva spostarsi progressivamente «verso posizioni eurasiatiche, sulla base di una duplice strategia, una interna e una esterna»: «Non sarebbe stata accompagnata da slogan radicali o dalla dichiarazione di una nuova rotta. Piuttosto, le autorità avrebbero praticato attivamente e approfonditamente un doppio standard, continuando all’estero a dichiarare il loro impegno nei confronti dei valori democratici, ma all’interno – economicamente, socialmente e culturalmente – avrebbero ripristinato per gradi i prerequisiti dell’autarchia globale. Questo avrebbe portato al processo di una rinascita graduale eurasiatica, alla normalizzazione del percorso storico, e al riconoscimento dell’esigenza di una strada unica culturale, geopolitica e socioeconomica per la Russia».
Per Dugin, la Russia è una civiltà della terra che significa tradizione, fede (Cristianesimo ortodosso russo), Impero, narod (popolo), il Sacro, la Storia, la Famiglia e l’Etica, laddove – poiché sono atlantiste – le potenze del mare rappresentano la modernizzazione, i commerci, la tecnologia, la democrazia liberale, il capitalismo, il parlamentarismo, l’individualismo, il materialismo e la politica gender; oltretutto, questi «insiemi di valori sono reciprocamente esclusivi». Dugin considera che essere antimodernista sia indispensabile per l’eurasiatismo. L’intera storia russa è stata una lotta della civiltà eurasiatica contro l’Occidente e negli ultimi secoli contro la modernità. Gli eurasiatisti hanno detto “no” al progresso.
Chi sono
Chi sono i neo-eurasiatisti, il Movimento Internazionale Eurasiatista e l’élite politica russa? Per comprendere il legame tra neo-eurasiatisti ed élite politiche russe sia antiche sia moderne, si dovrebbe guardare alla biografia di Alexander Dugin. Negli anni Ottanta, Alexander Dugin lavorò negli archivi del Kgb svolgendovi attivamente ricerche sulla massoneria, il fascismo e il paganesimo. Nello stesso periodo, divenne membro di un gruppo segreto di intellettuali esoterici interessati al misticismo europeo e orientale. Nel 1997, Dugin pubblicò il suo libro più importante intitolato «Osnovy Geopolitiki» (Fondamenti di geopolitica), che sarebbe diventato un libro di testo adottato da varie università russe e «argomento di accese discussioni tra analisti militari e civili in una vasta gamma di istituzioni», tra cui l’Accademia di amministrazione dello Stato, e gli uffici governativi. Divenne difficile procurarsi i libri di Dugin, perché tutte le copie furono vendute e andarono esaurite.
Alla fine degli anni Novanta, Dugin passò dagli ambienti accademici alla politica, dove iniziò a sostenere il primo ministro E. Primakov. Fu nominato consigliere speciale del portavoce della Duma Gennady Seleznev nel 1999, che suggerì ufficialmente che le visioni geopolitiche di Dugin fossero incluse nel curricolo scolastico russo. Nel periodo compreso tra il 1999 e il 2003, Dugin divenne membro del consiglio di amministrazione del Centro di consulenza geopolitica, un gruppo creato per la sicurezza nazionale. Contemporaneamente, divenne professore di strategia all’Accademia russa di Mosca e consigliere del generale Nikolai Klokatov, ex capo dell’Accademia generale di addestramento militare; allacciò rapporti molto stretti con Sergey Glazyev, uno dei leader del blocco politico patriottico Rodina e consigliere di Putin per l’integrazione eurasiatista; per un certo periodo svolse anche le funzioni di consigliere del presidente della Duma di Stato e di Segey Naryshkin, uno degli alleati di Putin.
Nel 2001, Dugin fondò un movimento denominato Evraziia avente l’obiettivo di formulare una «idea nazionale» per la Russia. Il nuovo movimento vantava 59 branche regionali, 9 nei Paesi post-sovietici, e oltre diecimila affiliati. Nel 2013, Dugin trasformò il suo movimento nel Movimento Internazionale Eurasiatista (International Eurasian Movement, IEM), come è conosciuto oggi. I membri di tale movimento sono rappresentati nel governo e nel parlamento russi.
Neo-eurasiatismo e area post-sovietica
Il dibattito neo-eurasiatista contiene quattro punti fondamentali che spiegano perché «l’estero vicino» (gli Stati posti sovietici) debba essere considerato una zona di interessi speciali per la Russia: primo, simboleggia la gloria e la grandezza passate della Russia; secondo, è indispensabile alla sicurezza geopolitica russa; terzo, è necessario per i suoi interessi economici; quarto, serve a «proteggere» etnicamente la diaspora russa che risiede nei Nuovi Stati Indipendenti.
Gli eurasiatisti russi hanno sostenuto che nessuno stato fuorché la Russia può affermare il suo dominio politico in quella regione. Affinché la Russia possa riemergere come superpotenza sulla scena globale dovrebbe soltanto ripristinare la sua influenza sull’area post-sovietica. Il Mar Nero e il Mar Caspio, con le loro risorse naturali e le rotte per i trasporti, sono laghi intra-eurasiatici. Pertanto, integrare i Paesi ex sovietici che costeggiano quei mari è di enorme importanza per la Russia. L’integrazione di questi Paesi facilita l’equilibrio delle relazioni della Russia con Turchia e Iran.
Per quanto riguarda l’Europa orientale, i neo-eurasiatisti considerano l’indipendenza dell’Ucraina come una minaccia per la Russia. Secondo loro, l’Ucraina dovrebbe quindi sottostare a una «disgregazione», per cui la sua parte occidentale entrerebbe nell’Europa centrale, mentre l’Ucraina orientale si unirebbe alla Russia. Per Dugin, non c’è mai stata una vera nazione in territorio ucraino. Egli sostiene che la lingua ucraina fu creata artificialmente nel XIX secolo dai polacchi.
Secondo Boris Nad, sia nel 2008 sia nel 2014 la Russia ha varcato il suo Rubicone emergendo dai confini che le erano stati imposti e invadendo prima la Georgia e poi l’Ucraina. Durante la guerra tra Georgia e Russia del 2008, Alexandr Dubin caldeggiò l’invio di «carri armati a Tbilisi», sostenendo che a parlare fosse «la voce della loro storia nazionale». La stessa mentalità si applica all’Ucraina e ritirarsi, molto semplicemente, non è un’opzione da prendere in considerazione; al contrario, Mosca dovrebbe iniziare a costruire una Nuova Russia che includa Ucraina del Sudest, Crimea e Transnistria, considerata il centro dell’Eurasia. La Transnistria dovrebbe essere staccata dalla Moldavia per creare un nuovo centro industriale per l’economia eurasiatica insieme alla Rus’ dei Carpazi, la Crimea e la Nuova Russia. Questa zona è ricca di carbone, giacimenti di ferro, manganese, industrie metallurgiche e chimiche e annovera i porti di Odessa, Mariupol e Nikolayev. I principali pilastri di una Unione eurasiatica di successo sono il Kazakhstan e l’Ucraina, e il triangolo geopolitico formato da Mosca-Astana-Kiev è una necessità vitale per la stabilità dell’Eurasia.
Nel corso degli anni, il neo-eurasiatismo di Alexander Dugin si è trasformato in una delle premesse di una nuova ideologia della Grande Potenza russa per la presidenza di Putin. L’influenza di Dugin non deve essere sopravvalutata, ma nemmeno sottovalutata. Dugin non è mai stato neppure nominato consigliere ufficiale di Putin. Tuttavia, scrive Marlene Laruelle, «usando network difficili da rintracciare, Dugin è riuscito a diffondere il mito della grande potenza russa, accompagnato da principi imperialisti, razzisti, ariani e occultisti espressi in modo eufemistico e la cui portata resta poco chiara ma, in ogni caso, non può rimanere senza conseguenze». L’influenza del neo-eurasiatismo è più evidente nell’amministrazione al governo che nelle masse. Già prima della guerra tra Georgia e Russia del 2008, il neo-eurasiatismo era diventato così comune nell’amministrazione presidenziale e nel parlamento russo che alcuni politici ammettevano senza esitazioni che le loro opinioni politiche erano ispirate dagli scritti di Alexander Dugin. Il neo-eurasiatismo è diventato una visione comune dei politici nazionalisti russi che controllano quasi la metà della Duma. L’ideologia è diventata sempre più prevalente tra i politici e gli intellettuali nei ministeri dello Stato, soprattutto agli Affari Esteri e alla Difesa. Secondo Shlapentok, le opinioni di Dugin sono state assorbite addirittura da quei politici che «non soltanto non hanno mai letto le sue idee, ma non hanno nemmeno sentito mai parlare di lui». Tutto questo potrebbe essere accaduto perché egli ha formalmente definito quello che passa per le loro teste perlomeno dagli ultimi tempi di Yeltsin, e specialmente all’inizio dell’era di Putin, con l’idea che una forte Russia autoritaria stesse per rinascere dalle sue ceneri.
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